"Omosessuale" ed "eterosessuale" sono aggettivi poco pratici

Dal punto di vista logico sono più complicati di come potrebbero essere
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Linguaggio
"Omosessuale" ed "eterosessuale" sono aggettivi poco pratici

Gli aggettivi “omosessuale” ed “eterosessuale” hanno preso piede da decenni e sono ampiamente accettati, anche da un certo punto di vista sono scomodi e un po’ imprecisi. Certo, non sembra essere l’urgenza più sentita all’interno della comunità LGBTQIA+; non è neanche facile cambiare le abitudini dei parlanti solo suggerendo loro quali parole sostituire, ma non costa niente fare comunque qualche riflessione a riguardo, anche solo per il gusto di spaccare il capello in quattro.

Assegnare a qualcuno l’aggettivo “eterosessuale” prevede due valutazioni: una sull’identità di genere di quella persona, una su quella delle persone verso le quali quella persona prova attrazione. Se coincidono, si utilizza il prefisso “omo-”, se non coincidono, “etero-”. Sono parole assegnate in terza persona dall’esterno, dalla comunità o dalla società, non nate in prima persona da chi descrive se stesso.

Tante volte, invece, l’accento della questione eterosessuale/omosessuale non è il confronto tra soggetto attratto e oggetto attraente; è piuttosto il solo oggetto attraente, magari nel momento in cui descrivere i propri gusti e le proprie preferenze.

Il punto è che, se si parla di questo, è superfluo e irrilevante dover chiamare in causa anche l’identità di genere. In tanti casi non è complicato farlo, ma in altri può esserlo, come nel caso di molte persone non binarie. Una persona non binaria attratta da uomini è omosessuale o eterosessuale?

Speculando, una soluzione linguistica più pratica sarebbe quella di inventare parole specifiche per definire il solo orientamento sessuale, senza implicare anche l’identità di genere. Qualcosa come “androattratto” e “ginoattratto”. Androattratti sono gli uomini omosessuali, le donne etero e, in generale, tutte le persone che provano attrazione emotiva, affettiva ed erotica verso gli uomini. Ginoattratti sono gli uomini etero, le donne omosessuali e tutte le persone che provano questi tipi di attrazione verso le donne. Per completezza potrebbero essere inventate anche altre parole su questa falsariga, per descrivere altri tipi di attrazione; queste due, comunque, sarebbero statisticamente le più frequenti.

Da un lato è chiaro che si sta parlando di parole che suonano male e che nessuno utilizzerà mai. Tra l’altro, intorno alla comunità LGBTQIA+ proliferano già mille etichette, alle quali se ne aggiungono spesso di nuove, pensate per definire meglio sfumature di significato sempre più sottili. Eppure, almeno sulla carta, ripensare gli aggettivi che descrivono l’orientamento sessuale sarebbe una maniera per semplificare un piccolo problema linguistico, mettendo meglio a fuoco la questione di cui si occupano questi termini. È quasi più una questione logica che umanistica. È bello pensare, però, che impiegare linguaggi sempre più precisi possa darci strumenti sempre migliori per accettare e comprendere meglio la pluralità di noi esseri umani.

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