Sebbene solitamente sia poco affezionato a qualsiasi capo d’abbigliamento mi passi tra le mani (o i piedi) — certo, alcuni li preferisco ad altri — incontro saltuariamente grandi difficoltà, direi perlopiù emotive, nella sostituzione di alcuni fra questi in particolare. Primi fra tutti: gli scarponi da trekking.
Dacché ho memoria, ne ho avuti due paia, uno ogni dieci anni. In completo disaccordo con la loro esigenza funzionale di essere quantomeno “ben messi” per affrontare le attività cui sono chiamati (impervie salite e scoscese discese, tipicamente montuose), prima che arrivi anche solo a valutare l'idea di sostituire gli scarponi da trekking, c’è bisogno che io faccia un lungo percorso di discernimento, le cui tappe, se così possiamo chiamarle, non sono tutte regolarmente guidate dalla razionalità e mostrano un vago carattere rituale.
È come se gli scarponi da trekking riuscissero ad intessere con me una relazione di forte intesa, tanto da guadagnarsi in poche escursioni il titolo di “compagni di viaggio”, la nomina a “sostenitori della fatica” e, infine, l’onerosa responsabilità della mia incolumità fisica.
Ma perché? Perché è così importante per me? Come mai la mia mente sviluppa questa strana resistenza? In che misura questa contingenza si divide tra ignobile materialismo e nostalgico romanticismo? Ecco tre riflessioni a riguardo. Tutte ipotesi che, in quanto tali, non aspettano altro che di essere smentite.
Primo punto. Gli scarponi da trekking costano. Sono tirchio? Investire in un paio di scarponi nuovi significa attendere pazientemente che la loro forma si accordi dolcemente con quella del tuo piede. Nel frattempo, si spende molto più in piaghe, dolori, irritazioni e vesciche che in sonante denaro.
Secondo punto. Gli scarponi da trekking battono strade molto importanti per me; le stesse strade in cui ho imparato che per il passo successivo della vita ho bisogno solo di un sorso d’acqua.
Terzo punto. Gli scarponi da trekking riflettono una parte della mia identità. Empatizzo molto con loro: difficili e scostanti nei primi scambi della conoscenza (forse timidi), leali e affidabili, una volta concordate le regole e le forme di questa nuova relazione.